Tutto ha
inizio a fine gennaio 2013. Una cooperativa locale, solita ad organizzare
periodicamente appuntamenti “etnici”, organizza una cena palestinese alla quale
prendo parte con gli amici. Lì c’è Serena che ci illustra le attività della ONG
Vento di Terra che opera proprio in Palestina e
Cisgiordania e ci parla di queste terre tormentate.
Poco più di
un mese dopo veniamo a conoscenza che VDT organizza ad aprile un viaggio/missione
di una settimana, proprio in visita a questi progetti unito ad un canonico
turismo ai “luoghi sacri”. Nel programma è prevista l’entrata in Gaza, un nome che evoca da subito tante brutture sentite
o lette solo su tv e giornali ma proprio per questo anche tanto “stimolante”.
Io e l’amico Obe, con cui già stavo paventando una trasferta per i medesimi giorni, ci consultiamo
e pressoché immediatamente abbandoniamo i nostri progetti caraibici ancora in
fase embrionale aderendo decisamente all’iniziativa, pur con tutte le
perplessità che il caso impone; la voglia di toccare con mano, vedere coi
nostri occhi, renderci diretti testimoni, per quanto possibile, di quanto
finora solo più o meno distrattamente letto e visto sui mass media è
decisamente più forte.
VDT svolge
tutta la laboriosa burocrazia del caso e alla fine Serena ci annuncia felice
via mail “Abbiamo i permessi per Gaza!”.
MERCOLEDI’ 24
APRILE
Partenza da Malpensa alle 22.35 con ELAL, compagnia di bandiera
israeliana, e ritrovo alle 19.40 per via dei lunghi controlli e “interviste” di
rito, vista la destinazione. Siamo in 15 (oltre me, Obe e Serena ci sono Patrizia,
Alberto, Grazia, Gilberto, Rosanna, Laura&Claudio, Paola riminese, Paola
milanese, Mariateresa, Maria&Ludovico) e il gruppo è variegato, per età,
professioni ed esperienze personali, di viaggio e non. C’è anche chi è già
stato in Israele. Nonostante questa varietà, il gruppo si rivelerà poi molto
affiatato e funzionale, nonché mosso in toto da uno stesso spirito comune.
I controlli in aeroporto si confermano lunghi e minuziosi e giustificano
ampiamente le 3 ore di anticipo sul volo. Solerti funzionari dai modi gentili
ci interrogano individualmente seduta stante sui motivi del viaggio, le
professioni ecc … ad alcuni di noi vengono già controllati i bagagli, a me (i
cui tratti somatici mediterranei e vagamente arabeggianti in questa sede non
aiutano) viene fatta firmare una carta con la quale “concedo” (dovendo levare
il lucchetto che avevo apposto) il controllo dei miei bagagli in mia assenza (zaino
a mano compreso) pena la riserva a permettermi la partenza. Lo zaino mi verrà
restituito al gate di imbarco e tutto
questo, dicono, “per la MIA sicurezza”(?).
Al gate veniamo sottoposti
ad altri controlli e trattenuti nuovamente sotto lo sguardo vigilissimo e
intransigente delle gentili funzionarie che non ci staccano gli occhi di dosso
controllando perfino se nell’attesa parliamo tra di noi e se ci scambiamo qualsivoglia
oggetto. Ci impediscono anche contatti con esterni a questo gruppo “esclusivo”.
Alla fine riusciamo a partire, 4 ore di volo e arriviamo
all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv
a notte fonda, intorno le 3.30, dove ci attende Mahmoud che col suo pulmino ci scorazzerà In Israele e Cisgiordania
diventando di fatto parte tanto riservata quanto integrante del gruppo.
Guadagniamo le camere e soprattutto i letti presso l’Hotel Victoria a Gerusalemme Est (Al-Quds in arabo) quando sono
già intorno le 5 per una meritata e corposa dormita di ben … 4 ore!
GIOVEDI’ 25 APRILE
In
Italia si festeggia la
Liberazione e la Resistenza,
parola quest'ultima che da queste parti, ahimè, mi sembra assumere ancora la
sua più autentica e soprattutto tangibile valenza. Sveglia,
colazione e partenza a piedi per un primo giorno di “conoscenza” di Gerusalemme. Il clima è e rimarrà
sempre bellissimo, ideale, costantemente soleggiato, pure troppo (a tratti mi
lacrimano gli occhi per la rifrazione della luce sugli edifici rigorosamente in
pietra chiara), cielo perennemente sgombro da nuvole (ne conterò forse un paio
per tutta la durata del viaggio) ma anche ventilato e quindi non umido. Ci
cospargiamo preventivamente con un po’ di crema solare.
Porta di Damasco |
Raggiungiamo la Porta di Damasco e da lì entriamo
direttamente nel Suq Arabo (o souk che dir si voglia) che percorriamo
in toto anche lungo la Via Dolorosa e le sue
stazioni della Via Crucis (c’è anche
chi la percorre con croci in spalla! :/) fino a sfociare al Cardo Romano (sti romani sono arrivati
davvero dappertutto!) e nel quartiere ebraico culminante nella moderna Sinagoga Beit Yakoov. Subito ci pare
lampante la differenza di mondi confinanti, anzi, s-confinanti tra loro: il suq arabo col suo dedalo caotico di vie
e viuzze, bancarelle e merce di ogni genere (nessuno mai è però insistente o
vagamente molesto) e pochi metri al di fuori di questo l’ordine, la fioritura e
il florilegio di bandiere con la stella di David del quartiere ebraico. Questo
contrasto ci sarà visibile per tutto il nostro viaggio anche se in contesti
diversi. Lo spaesamento unito all’emergente sensazione (a tratti poi quasi
tangibile) di essere sempre e comunque sorvegliati, deve essere palese sui
nostri volti, tanto che un simpatico signorotto barbuto che ci passa di fianco
ci esorta simpaticamente a sorridere.
Muro del pianto (Kotel) |
Sbuchiamo nella vasta area del Muro del Pianto (o Kotel,
come lo chiamano gli ebrei: il muro occidentale del tempio) e della Spianata delle Moschee, tutte e due lì,
uno sotto all’altra. Visitiamo il Muro indossando una Kippah posticcia che viene distribuita
appena prima di approssimarvisi. Contrastano la solennità di chi, seduto o in
piedi, con la tipica "divisa" ebraica e non, poggia dondolante il capo al muro in preghiera e il festoso frastuono a
pochi metri di distanza provenienti da un paio di Bar
Mitzvah in corso. Vista la lunga coda, lasciamo la Spianata
per il nostro ritorno a Gerusalemme alla fine del viaggio.
Ci rituffiamo nel suq
per pranzare in un localino tipico e alla mano dove abbiamo il primo approccio
col cibo locale, che costituirà giocoforza la nostra dieta per tutta la durata
del viaggio: riso, spezie varie, hummus, insalatine,
Mansaf, yogurt,
falafel e succhi vari rigorosamente analcolici :) Notiamo la singolare “usanza” degli arabi di Gerusalemme di
tenere al muro di abitazioni e negozi molte gabbiette con uccellini canterini.
Chiedendo a un barbiere di fronte al nostro Hotel anche lui con la gabbietta al
muro, mi spiega che questi sono una particolare tipologia di uccellini diversi
dai canarini e che il Governo Israeliano vieta di tenere in gabbia. “Quindi in questo momento …” gli dico ridendo
“tu saresti fuorilegge” … e lui, ridendo, annuisce. Certo l’immagine di tutti
questi uccellini che cantano nelle loro gabbie mi risulta subito molto
emblematica di questo popolo.
Finito di pranzare riprendiamo la Via
Dolorosa fino alla Porta
dei Leoni e da lì sbuchiamo al Cimitero
Arabo, lasciato purtroppo all’incuria e alla trascuratezza. Da qui, anche,
si gode di un bel panorama su tutta la città e sul dirimpettaio Cimitero Ebraico
sull’altro colle. Una rapida sosta rigenerante all’ombra di un albero e si
riparte fino all’Orto del Getsemani con
l’adiacente Grotta e Chiesa, dove si sta celebrando messa in italiano.
Il Muro della vergogna |
Rimontiamo sulla Mahmoud-mobile
che è venuta a prelevarci e ci spostiamo nella periferia cittadina fino ai
piedi del Muro che separa la città
dai suoi sobborghi arabi. Qui l’impatto è abbastanza forte, è il primo
imponente segno della segregazione palestinese davanti a cui ci troviamo.
Scatta automatica in tutti l’indignazione
che sfocia nei primi animati dibattiti interni al gruppo (ovviamente
sempre presenti durante tutto il viaggio) e, personalmente, la profonda e
sincera VERGOGNA verso il genere umano.
Percorriamo l’altissimo muro per un tratto in salita, salutiamo
e ci soffermiamo con qualche bambino che gioca in strada, ci saluta e ci dà il
benvenuto (tutti gli arabi indistintamente ci daranno il benvenuto durante
tutto il nostro viaggio). Arriviamo così al Cimitero Ebraico sul colle opposto a quello arabo di poco prima. La
vista della città e di tutta la
Spianata delle Moschee è qui ancor più
suggestiva.
Luna piena a Gerusalemme |
Torniamo in hotel per una doccia ristoratrice e poi ceniamo al
vicino ristorante Al Azhar (Le rose) dove
incontriamo altri ragazzi di VDT impegnati in Palestina e Cisgiordania (e che
rivedremo nei giorni seguenti) e Dario, sempre di VDT, che ci farà da cicerone per tutta la nostra permanenza nella
Striscia di Gaza. Sarà la stanchezza, le poche ore di sonno e le tante ore sotto
il sole battente, ma non mi sento proprio al 100%, quindi sono tra i primi a
ritirarsi a malincuore e guadagnare il letto per una più corposa dormita. La
finestra della nostra camera mostra un suggestivo skyline di Gerusalemme Est sotto la luna piena.
5 commenti:
Bravo fratellino, ottimo reportage.
Nick sei troppo forte! Ti devo molto ringraziare perche' sai davvero ricreare atmosfere oltre a fare cronaca. Continua ti prego che serve anche a noi!
Rosanna
Nik ti devo doppiamente ringraziare: 1°perchè dopo il rientro dal viggio anch'io mi ero riproposta di scrivere un diario dettagliato utilizzando gli appunti presi sul posto, ma poi dal giorno stesso del rientro sono stata continuamente assorbita nell'assistenza di una mia cara zia che purtroppo è poi anche morta in questi giorni e il progetto del diario si è allontanato. 2° Perchè presa dal gran trambusto e dall'impegno fisico ed emotivo che mi era richiesto, stavo anche dimenticando i vissuti e le atmosfere di quei giorni che tu invece hai saputo perfettamente ricreare e farmi rivivere. Ecco il perchè del mio doppio grazie! Bravo NIk,buona continuazione...Patrizia
Bravo Nick! Che bello rileggere le esperienze comuni. In attesa impaziente della prosecuzione. Gilberto
Grande Nick, leggo con curiosità ed interesse il tuo appassionante resoconto. A presto, carissimo! ;)
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