mercoledì 5 marzo 2008

THE CURE A MILANO!

 
 
Tra i regali per il mio compleanno lo scorso 27 gennaio, gli amici Diego, Paola, Adele e Marco mi hanno fatto avere un pezzo di carta azzurro con scritto THE CURE 4TOUR 2008, Milano 02/03/08. Ebbene sì, i Cure dal vivo ancora non li avevo mai visti, li aspettavo da tempo e gli amici mi hanno fatto questo grande regalo. 
Il resto lo ha fatto il sig. Robert Smith insieme a Simon Gallup, Porl Thompson e Jason Cooper, in grandissima forma (in tutti i sensi) col suo ormai leggendario e inconfondibile make-up gothic-style curato dalla sua personale truccatrice giapponese.  
Inizio alle 20,45 spaccate e si apre ovviamente con "Open" e da lì per ben 3 ore e 5 minuti vengono snocciolati uno dietro l'altro senza tanti fronzoli e chiacchiere molti dei grandi successi della band inglese. Musica pura. Robert tiene il palco con la sua immobilità e il suo immenso carisma, e lo si nota anche leggermente dimagrito (!?) , avvolto nel suo immancabile camicione nero e con un paio di pantaloni militari. 
La scenografia è abbastanza scarna, un semplice videowall ale spalle che però viene quasi interamente coperto dalle torri dell'impianto luci antistante, queste ultime davvero ottime. Si toccano molti dei cupi e suggestivi successi degli esordi molto "pure dark" (perfino "Kyoto Song") fino a toccare l'apice nel lungo assolo strumentale di Robert su "Kiss me, kiss me, kiss me" ... da sturbo.  
Solo due brevi pause per Smith e compagni, che si concede un paio di volte a testa sul lato sinistro e destro del palco ammiccando da par suo al pubblico con le sue moine, le linguette e le espressioni stralunate che gli sono tipiche. 
Ultima ora di concerto che viene riservata ai pezzi più allegri e solari (almeno musicalmente parlando), coi quali sembra che tutto il pubblico si scuota dal lieve torpore ipnotico in cui è caduto e comincia a saltare, battere le mani, ballare. 
Tre inediti ad impreziosire il tutto e finale davvero notevole con un'insperata "Killing an arab" (visti i tempi) e il cavallo di battaglia "Boys don't cry" prima che Smith saluti tutti immerso nel suo camicione sudato ormai diventato bicolore. 
Personalmente ho trovato un solo neo all'esibizione e cioè la mancanza delle tastiere che in alcuni brani ("Lullaby" su tutti) si è fatta sentire, nonostante le pregevoli chitarre "riparatici" di Thompson e Smith. Forse mi sono perso (mio malgrado) gli anni migliori della performance live di questo gruppo storico, ma l'altra sera davvero è sembrato che il tempo non fosse per nulla passato ed è stato davvero un gran concerto. 
Complimenti a Smith e compagni e un grazie a loro e agli amici per il grande regalo di compleanno.